Aids Fair Play - Gruppo Pro-Positivo Beta 2

LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, in collaborazione con NAM, è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della XXIV Conferenza sui Retrovirus ed Infezioni Opportunistiche - CROI 2017, Seattle, U.S.A.

 

LILA Onlus - Lega Italiana per la LOtta contro l'Aids

Giovedì 23 febbraio 2017

CROI 2017 - Bollettino Conclusivo

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LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, in collaborazione con NAM, è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della XXIV Conferenza sui Retrovirus ed Infezioni Opportunistiche - CROI 2017, in corso a Seattle, negli Stati Uniti, dal 13 al 16 febbraio 2017.

Presa in carico e ritenzione in cura
L’obiettivo 90-90-90 di UNAIDS prevede di arrivare a diagnosticare il 90% delle infezioni da HIV, far entrare in terapia il 90% delle persone HIV-positive e raggiungere l'abbattimento della carica virale nel 90% dei pazienti trattati. Per raggiungerlo è cruciale che le persone che ricevono una diagnosi di HIV vengano prese in carico dai sistemi sanitari e una volta iniziato il trattamento rimangano in cura.
Dai risultati di un ampio studio condotto recentemente sulla cosiddetta treatment cascade in Sudafrica sembra che proprio la fase di aggancio alle cure dopo la diagnosi rappresenti il maggior punto debole dei programmi attuati per raggiungere l’obiettivo di UNAIDS. Meno della metà della popolazione HIV-positiva nel distretto considerato dallo studio era entrata in terapia nell’arco di otto anni, sebbene ben l’82% fosse consapevole di avere l’infezione.

La strategia di New York per porre fine all’epidemia di HIV
La strategia adottata dalla città di New York City per porre fine all’epidemia di HIV è saldamente radicata nelle evidenze scientifiche, è stata messa a punto con il contributo degli attivisti e gode del sostegno di figure politiche di alto livello, ha detto Demetre Daskalakis a CROI 2017.
“Unendo volontà politica, interventi medici e riduzione del danno è più che possibile ridurre la trasmissione a zero”, ha affermato il medico.
Il dott. Daskalakis è una figura sui generis nel panorama della salute pubblica: un infettivologo che offre test e vaccinazioni nei locali notturni e si definisce “un paladino gay della salute”. È vice-commissario per la prevenzione e il controllo dell’HIV/AIDS del Dipartimento della Salute di New York ed è l’artefice dell’iniziativa “Ending the epidemic” della città.

Soppressione virologica negli Stati Uniti
Il maggiore problema degli Stati Uniti per quanto riguarda l’obiettivo 90-90-90 di UNAIDS è l’elevata percentuale di persone a cui viene diagnosticata un’infezione da HIV che non entrano in terapia. Si stima che il 61% di tutti gli eventi di trasmissione dell’HIV negli Stati Uniti sia riconducibile a questa falla nel continuum di cure.
In alcuni casi, tuttavia, la trasmissione avviene da parte di persone che sono effettivamente in terapia ma non hanno raggiunto la soppressione virologica (il “terzo 90”).

Consumo di stupefacenti per via iniettiva negli Stati Uniti
Da quando si è verificata un’epidemia di HIV in una popolazione di eroinomani bianchi e prevalentemente provenienti da zone rurali in Indiana nel 2015 si teme che anche in altre parti degli Stati Uniti ci siano i presupposti per lo scoppio di epidemie simili in popolazioni di consumatori di stupefacenti per via iniettiva eterosesssuali.
Svariati studi presentati a CROI 2017 hanno rilevato che, sebbene finora ci siano poche evidenze del passaggio dell’HIV da MSM (uomini che fanno sesso con uomini) che fanno uso di stupefacenti per via iniettiva agli eterosessuali, effettivamente sussistono i presupposti perché questo si verifichi.

Doravirina, nuova opzione NNRTI
La doravirina, un inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa (NNRTI) sperimentale di nuova generazione della casa farmaceutica Merck, ha dimostrato la stessa efficacia antivirale del darunavir potenziato in uno studio di fase III condotto su pazienti che iniziavano per la prima volta la terapia antiretrovirale, ma è risultato avere un miglior profilo lipidico: è quanto emerge da una presentazione late-breaking di CROI 2017.
La doravirina mantiene attività anche verso ceppi virali con le più comuni mutazioni di resistenza agli NNRTI, ad esempio K103N. Può essere assunta in monosomministrazione orale giornaliera a prescindere dai pasti e presenta un basso potenziale di interazione farmacologica.

Anticorpi monoclonali per pazienti a corto di opzioni terapeutiche
Due anticorpi monoclonali ad azione prolungata che impediscono l’ingresso dell’HIV nelle cellule umane – denominati ibalizumab e PRO 140 – potrebbero offrire nuove opzioni terapeutiche a pazienti con ceppi virali multiresistenti, si è appreso a CROI 2017.
La somministrazione di ibalizumab per infusione due volte la settimana, coadiuvata da una terapia antiretrovirale ottimizzata, ha dato prova di limitata attività antivirale, mentre il PRO 140, somministrato settimanalmente per iniezione, si è mostrato in grado di tenere a bada la carica virale per oltre due anni nella maggior parte dei partecipanti.

IRIS TB-correlata
Il prednisone si è mostrato in grado di ridurre il rischio di sindrome infiammatoria da immunoricostituzione (IRIS, da immune reconstitution inflammatory syndrome) in pazienti con HIV che hanno iniziato il trattamento contro la tubercolosi (TBC o TB): è quanto emerge da uno studio randomizzato denominato PredART, i cui risultati sono stati presentati a CROI 2017 dal dott. Graeme Meintjes dell’Università di Città del Capo, in Sudafrica.
La IRIS TB-correlata è una complicanza frequente nei pazienti con HIV che iniziano la terapia antitubercolare con una conta dei CD4 bassa. Si deve al fatto che la ripresa immunologica innescata dai farmaci antiretrovirali può ingenerare una reazione ai micobatteri della TB, spesso con gravi conseguenze.

Più infezioni sessualmente trasmesse negli MSM con la PrEP?
È stata espressa da più parti la preoccupazione che una maggior diffusione della profilassi pre-esposizione (PrEP) tra gli MSM (uomini che fanno sesso con uomini) possa risultare in un forte aumento nelle infezioni sessualmente trasmesse (IST) perché porterebbe all’abbandono dell’uso del preservativo. In parte, questi timori sono dovuti a un effettivo aumento delle diagnosi di IST: tuttavia, svariati studi presentati la scorsa settimana a CROI 2017 hanno dimostrato che la situazione è più complessa.
Innanzitutto, chi assume la PrEP si sottopone più frequentemente ai controlli, il che significa che esegue più spesso i test per le IST: meno infezioni resterebbero dunque non diagnosticate. Inoltre, è possibile che negli MSM che assumono la PrEP i tassi di IST siano più elevati rispetto ad altri gruppi già prima che inizino la PrEP stessa: anzi, è proprio questo il motivo per il quale molti di questi uomini vengono indirizzati verso la PrEP dai loro medici.