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UN TRAGUARDO PER LA CURA: LA RIDUZIONE DELLA RESISTENZA AI FARMACI

È stato recentemente pubblicato sulla rivista BMC Infectious Diseases un articolo firmato da ricercatori italiani in cui si descrive una riduzione delle mutazioni associate a fallimento virologico in Italia tra il 2002 e il 2013. Abbiamo chiesto a Claudia Balotta del Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche, Sezione di Malattie Infettive ed Immunopatologia, Ospedale “L. Sacco”, Università di Milano, di descriverci i risultati pubblicati.

Come nasce questo studio?
La pubblicazione è il frutto di uno studio collaborativo durato dieci anni tra un gruppo di clinici e virologi italiani di 49 tra i principali Centri di cura dell’infezione che hanno fornito i dati clinici, virologici e terapeutici al database ARCA (Antiretroviral Cohort Analysis) che ha sede a Siena. Sono stati studiate 6.796 sequenze della proteasi e trascrittasi inversa di pazienti in fallimento virologico che assumevano nel 32.5% NRTI e NNRTI e nel 62.6% NRTI e PI, i rimanenti pazienti assumevano o NRTI, NNRTI e PI (4.3%) o NNRTI e PI (0.6%).
balotta-resistenze-00Devo precisare che tutti i dati che seguono sono stati ottenuti nei pazienti in fallimento virologico. In primo luogo, abbiamo studiato l’andamento dell’uso delle diverse classi di farmaci nel tempo rilevando che l’uso di NRTI era diminuito dal 99.7% al 97.4%, quello di NNRTI dal 46.7% al 24.1%, mentre i PI sono aumentati dal 59.6% all’81.7% (i regimi boosted sono aumentati dal 36.5% al 68.9%).
Questi diversi andamenti delle classi di antiretrovirali naturalmente si sono riflessi sulle combinazioni nei regimi: l’associazione NRTI e NNRTI è diminuita dal 40.4% al 18.% mentre quella di NRTI e PI è passata dal 53.4% al 75.9%. Come atteso, nel corso dei dieci anni dello studio era marcatamente diminuito l’uso di AZT e D4T, così come dei DDI e 3TC ed era aumentato l’impiego di TDF, ABC e FTC. L’uso sia di NVP, sia di EVF sono diminuiti nel tempo. Analogamente, tra i PI IDV, SQV e NFV sono stai sostituiti da LPV, fAMP, ATV e DRV.
La resistenza associata alle diverse classi ha mostrato globalmente una riduzione intorno al 50% un declino dal 79.1% al 40.8%. La figura indica il dettaglio della diminuzione della mutazioni associate a resistenza sia per classe, sia per le diverse combinazioni di farmaci.

A cosa attribuisce questi risultati e che implicazioni possono avere?

 

Distribuzione delle classi di antiretrovirali in uso al momento del saggio genotipico al fallimento virologico

Distribuzione delle classi di antiretrovirali in uso al momento del saggio genotipico al fallimento virologico

La disponibilità di nuovi e più potenti farmaci, con più elevata barriera genetica, ovvero più capaci di impedire l’insorgenza di mutazioni è senza dubbio la principale causa di questi importanti risultati ottenuti nella riduzione della resistenza. Inoltre, sia le conoscenze via via accumulate su questo problema, sia Linee Guida di terapia standardizzate e adeguate ai risultati dei trial clinici hanno sicuramente contribuito a questi buoni risultati. Infine, anche se noi non abbiamo potuto studiare l’adesione dei pazienti alla terapia, anche questa può aver fortemente influenzato i risultati.
Abbiamo condotto questo studio in primo luogo per avere una misura dell’estensione della resistenza nei pazienti trattati e in fallimento virologico. Inoltre ci proponevamo di comprendere, seppure indirettamente, quali ne erano state le cause e quali possibilità di risposta ai nuovi regimi potevano avere questi pazienti e quanto la resistenza presente nei loro ceppi virali aveva il potenziale di influire sulla trasmissione ai nuovi casi di infezione, ovvero sulla resistenza primaria.

 

Si tratta di una tendenza distribuita omogeneamente sul territorio italiano?
Come è noto l’infezione da HIV in Italia ha una distribuzione a macchia di leopardo con prevalenze maggiori nelle città (particolarmente quelle grandi). Anche se non abbiamo studiato nello specifico la prevalenza al Nord, Centro e Sud la numerosità dei 49 Centri clinici di tutto il territorio nazionale penso che ci abbia fornito una buona rappresentatività dei dati.

In un altro articolo di cui è coautrice, pubblicato sempre nel 2014 sulla stessa rivista, viene descritto un aumento della “resistenza trasmessa” agli NNRTI in Europa tra il 2002 e il 2007. Si tratta di risultati in contraddizione con quelli precedentemente citati?
Lo studio a cui si riferisce è uno studio che ha riguardato 26 paesi dell’Ovest e dell’Est europeo dove sia la disponibilità dei nuovi farmaci, sia le condotte prescrittive potevano differire da quelle italiane. La resistenza trasmessa in Italia secondo gli studi condotti nel nostro paese sembra essersi stabilizzata intorno al 10% e l’esecuzione del genotipo di pol prima dell’inizio della terapia, che oggi viene fatto correntemente secondo le Linee Guida, può assicurare un controllo efficace e duraturo del regime di prima linea.

Qual è, secondo lei, il messaggio finale su questo argomento, oggi?balotta-resistenze-01
Anche se continua ad essere vero che la resistenza agli antiretrovirali e il fallimento terapeutico possono verificarsi a causa di regimi insufficientemente potenti, di una pratica medica non standardizzata e di una adesione limitata alla terapia da parte dei pazienti, abbiamo ragione di pensare che essa può non essere più una conseguenza inevitabile della terapia molto potente di cui oggi disponiamo.

articolo originariamente apparso sul Anlaids ByMail n. 66 di settembre 2014